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Space Economy, l’economia vola nello spazio




L'industria del petrolio oggi vale un po' meno del 4% dell'economia globale, con i suoi 3.300 miliardi di dollari. Tra circa 25 anni sarà superata dall'industria spaziale. Il 2050 sembra lontanissimo nel tempo, ma in realtà è già dietro l'angolo e la nostra dipendenza dai satelliti che girano sulle nostre teste cresce ogni giorno di più. Droni, sistemi di navigazione, tv, connessione web, telefoni, sorveglianza, scopi militari: intorno alla terra girano circa 10.000 satelliti, e senza di loro attività che consideriamo 'solo' terrestri non sarebbero affatto possibili. Il ruolo del celeberrimo Elon Musk e dei suoi satelliti Starlink nella guerra tra Ucraina e Russia è controverso, ma una cosa è certa. Se le guerre, anche quelle commerciali, per ora si combattono soprattutto qui sulla terra e non nello spazio, chi guarda al futuro dell'economia non può guardare verso le stelle. Non certo per esplorare il destino dell'uomo ed i segreti della scienza, come succede in splendidi film come "Interstellar". Quelle sono faccende per pochi idealisti e pochissimi specialisti. La Space Economy è, semplicemente, un settore in crescita verticale, anche in Italia. Investirci oppure lavorarci sembra proprio essere una buona idea.

Studiare, per poi lavorare tra le stelle

E’ possibile lavorare come ingegneri spaziali e tecnici d’ogni tipo, nella Space Economy. Non c’è certo bisogno di realizzare il sogno di diventare astronauti. L’ European Space Policy Institute ha pubblicato da poco un interessante rapporto sugli Space Jobs , dedicato soprattutto ai giovani interessati a lavorare nel settore. Se Parigi e Tolosa contano insieme ben 51 scuole con programmi pensati per lo spazio, Roma e Barcellona propongono almeno 11 scuole ciascuna. L’Italia è al quarto posto in Europa, dopo UK, Francia e Spagna, per proposte formative di questo tipo e batte, sia pure di poco, la Germania. Ovviamente la facoltà di riferimento è ingegneria aerospaziale, ma non solo. La Space Economy del presente ha già bisogno di ingegneri alimentari, architetti spaziali, manager turistici, specialisti dell’estrazione mineraria e ovviamente medici che studino chi vive nello spazio. Le possibilità per il prossimo futuro sono poi immense.

Downstream o Upstream?

Il settore, tra l'altro, ha continuato la sua ascesa anche durante il periodo di recessione economica mondiale causato dal Covid. Proprio come il settore petrolifero, si divide in Upstream e Downstream. L'Upstream si occupa dell'esplorazione. Se nel caso del petrolio si tratta di trovare, trivellare ed estrarre, nello spazio si tratta di esplorare le regioni esterne dell'universo e di trovare modi sempre più economici per spingersi oltre l'atmosfera terrestre. Il Downstream è invece lo sfruttamento del 'prodotto finito'. Se nel settore petrolifero parliamo quindi di carburanti, plastica e petrolchimica, l'industria spaziale vende, spesso a caro prezzo, dati, ricerche, informazioni, connessioni ad ogni livello.. e presto, ovviamente, anche minerali raccolti nello spazio. E se il petrolio inquina ed è in via di esaurimento, come tutti sappiamo, lo spazio è praticamente infinito. I tempi in cui i sovietici mandarono in orbita lo Sputnik, il primo satellite orbitante sul nostro pianeta, nell’ottobre del 1957, sono lontanissimi. Più precisamente, sono lontani anni luce.

Nello spazio, a rilassarsi

I media, grazie a super personaggi dalla ricchezza infinita come Bill Gates, Richard Branson, Jeff Bezos e ovviamente pure per colpa del già citato Elon Musk, parlano un po’ troppo dei lati più frivoli del turismo spaziale. Certo, nel breve e medio termine, sarà destinato solo agli happy few , ai pochissimi che hanno pochi sogni da realizzare. In realtà, parlando di economia e di interessi di noi comuni mortali, chi spenderà milioni di dollari per fluttuare nello spazio o almeno volare in orbita, finanzierà la ricerca spaziale, che come ogni tipo di ricerca non sempre dà ritorni economici immediati. E’ il New Space, la crescente commercializzazione dello spazio, grazie a finanziamenti privati che si mescolano a quelli storici degli stati tramite organismi come la NASA. In realtà il settore è già oggi una sorta di ‘incubatore’ dell’economia del futuro: aziende e stati in rapporti tutt’altro che buoni devono necessariamente collaborare, visto che esplorare Marte o la faccia oscura della luna sono faccende dannatamente complicate, che da soli non si riescono a portare a termine. Insieme, tutte queste realtà creano ricchezza e nuove tecnologie, importanti anche per chi resta con i piedi ben piantati in terra.

7 miliardi, italiani

Ma quanto vale la Space Economy? Oggi, più o meno 470 miliardi di dollari. Nel 2022 i finanziamenti pubblici per questo settore sono stadi di circa 103 miliardi di dollari: il 60% proviene dagli Stati Uniti, il 15% dall’Europa e il resto soprattutto dall’Asia e dal Medio Oriente. Il grosso, quindi, ovvero quasi 370 milioni di dollari, deriva quindi dal settore privato. Le previsioni, come dicevamo, sono di una crescita semplicemente straordinaria: il settore crescerà del 10% l'anno circa fino al 2030. Solo in Italia sono previsti, a breve, circa 7 miliardi di investimenti in aziende legate allo spazio. Il nostro paese ha un know how molto importante, soprattutto per quel che riguarda il lancio di satelliti, ma non solo.

Emirati Uniti... e spaziali

Tra i paesi che più investono di più nella Space Economy ci sono gli Emirati Arabi Uniti, ovviamente grazie agli immensi ricavi derivati dal petrolio (che in quella nazione si prende il 30% del Pil). Nel 2020 hanno lanciato la sonda Hope, dopo un lungo lavoro che durava da sei anni. Il paese ha poi istituito il primo centro di ricerca spaziale del Medio Oriente e ha annunciato il programma Arab Space Pioneers. Fornisce ai talenti le capacità e le competenze necessarie per ampliare le prospettive di carriera nel settore spaziale, proprio come fa nella vecchia Europa il già citato European Space Policy Institute. Tutto questo impegno economico e tecnologico ha portato nello spazio Sultan Saif Al Neyadi, il primo astronauta emiratino. Il 2 marzo 2023 è partito per la missione di lunga durata SpaceX Crew-6 / Expedition 68/69 e ha vissuto a lungo a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, che per brevità molti chiamano ISS (International Space Station).

Sempre più professionisti, in orbita

Negli ultimi cinque anni abbiamo inviato nello spazio più satelliti che nei 32 anni precedenti. Ormai la maggior parte di questi nuovi satelliti è destinata a scopi commerciali, anche se i satelliti militari non mancano di certo. Stati Uniti, Russia e Cina sono proprietari dei 3/4 delle apparecchiature in orbita. La miniaturizzazione dei satelliti ha alimentato questa crescita esponenziale: fino a qualche tempo fa, i satelliti erano grandi almeno come un autobus, oggi sempre più spesso assomigliano ad oggetti super tecnologici grandi come uno smartphone. Non solo: le stazioni di terra, che collegano satelliti con la Stazione Spaziale Internazionale e le reti globali di telecomunicazione, sono in continuo progresso tecnologico. Non crescerà ancora soltanto il numero dei satelliti in obita: nel prossimo decennio si prevede che il volume di dati generato in orbita aumenterà in modo significativo. E con esso la quantità di nuovi professionisti necessari per gestire una sempre crescente mole di informazioni.


(Lorenzo Tiezzi)

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